ERNESTO BASILE ARCHITETTO | |||
Autore: | Salvo Lo Nardo, Antonio De Bonis, Valeria Grilli | ||
Anno di Edizione: | 1980 | ||
Editore: | Biennale di Venezia - Electa | ||
Il volume inquadra la figura di Ernesto Basile nel contesto della rivoluzione stilistica europea che sancisce l’affermazione di una nuova visione dell’architettura che dialoga con la natura. Basile è contemporaneo di Victor Horta, Gaudì, Mackintosh, Otto Wagner e gli altri architetti, pittori, scultori e decoratori protagonisti del rinnovamento della cultura architettonica a cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. La modernità di Basile si rivelerà con la costruzione del villino Florio, la prima architettura Liberty che compare in Italia prima che a Milano o a Torino, gli s'affianca il complesso di Villa Igiea avviato nel 1899 e ultimato l'anno dopo anche negli splendidi arredi interni. Il grande albergo è ancora oggi oggetto d'ammirazione da parte dei visitatori per la raffinata decorazione e per le architetture aeree mosse da una policromia vellutata e sensuale. Alle spalle di questa realizzazione sta l'originale progettualità del Basile che ebbe una mano leggera e straordinaria ispirata dalla lezione della grande pittura europea. Figlio dell'architetto Giovan Battista Filippo, dopo la laurea in architettura conseguita alla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri e Architetti nel 1878, s'affiancò al padre nelle commissioni importanti. Nel 1890 succedette al padre nella cattedra universitaria e, dopo la morte di lui (1891), concluse l'opera più importante della Palermo ottocentesca, il Teatro Massimo. Lì nasce la sua collaborazione con il pittore Ettore De Maria Bergler, che con Vittorio Ducrot, delle omonime officine, ne avrebbero fatto i protagonisti della stagione del Liberty palermitano. Continuò a lavorare nella sua città per tutta la vita realizzando edifici pubblici e ville private, portando avanti contemporaneamente varie commissioni in diverse località siciliane e dell'Italia meridionale. Mantenne anche rapporti con Roma dove eresse alcune dimore signorili e costruì l'ala nuova di Montecitorio con l'aula del Parlamento (1902-1927). La carriera d'architetto a Palermo comprende: Villa Igiea (1899-1900), la Villa Florio dell'Olivuzza (1899-1900), la casa Utveggio (1901-1903), il villino Fassini (1903) (ora distrutto), il villino Basile (1903-1904). Molto attiva fu anche la partecipazione del Basile alle numerose esposizioni sia come progettista di padiglioni architettonici, sia d'ambienti interni ed arredi singoli, avendo avviato dal 1902 un sodalizio con la ditta palermitana Ducrot, insieme allo scultore Antonio Ugo. Nel 1902 è presente a Torino, nel 1906 a Milano, nel 1909 a Messina dove realizzò diverse opere per la ricostruzione della città dopo il disastroso terremoto del 1908 che seppellì sotto le macerie ben 100.000 messinesi, nel 1911 a Roma, dal1903 al 1909, alle Biennali di Venezia, e nel 1914 a Reggio Calabria. I suoi studi sono dedicati all'architettura siciliana, in particolare arabo-normanna e rinascimentale (caratteristiche della Sicilia), a cui unisce la conoscenza delle più innovative sperimentazioni artistiche ed architettoniche europee dell'epoca. |
ARCHITETTURA NEI PAESI ISLAMICI | |||
Autore: | AA. VV. | ||
Anno di Edizione: | 1982 | ||
Editore: | Biennale di Venezia - Electa | ||
Nella seconda Biennale di Architettura si propone al Padiglione Italia una panoramica sull’Architettura dei Paesi Islamici dal secondo dopoguerra. Venezia diventa così osservatorio sullo stato dell’architettura nelle regioni comprese tra India e Marocco, tornando a essere crocevia e spazio di dialogo e confronto tra Oriente e Occidente, e anticipando tematiche che si riveleranno di bruciante attualità negli anni successivi. Nell’introduzione del volume, Paolo Portoghesi (direttore della sezione Architettura della Biennale di Venezia) sottolinea come, dalla fine del XIX secolo in poi, abbia ripreso vigore l’influenza della cultura islamica nella letteratura, nell’arte e in particolare nell’architettura “occidentale”, coinvolgendo personalità quali Gaudì, Wright e Le Corbusier. Alla freddezza e autoreferenzialità dei canoni modernisti, si contrappone l’attenzione al contesto ambientale, la componente spirituale e la fondamentale funzione sociale propria dell’architettura islamica. La mostra presenta una serie di progetti, in corso di realizzazione o già ultimati, in cui le tradizioni locali convivono con le più avanzate tecnologie costruttive. Particolare risalto è dato all’opera di Hassan Fathy, esponente di spicco della giovane generazione di progettisti egiziani. Una sezione del volume curata da Salvo Lo Nardo e Antonio De Bonis, tratta le influenze dell’architettura islamica nel medioevo siciliano. Vengono inoltre sviluppate mostre monografiche che rendono omaggio ad alcune personalità che si sono confrontate con l’architettura islamica, tra le quali Fernand Pouillon e Louis Kahn, con una serie di disegni destinati ad alcuni centri in India e Pakistan, e a due progetti di Le Corbusier per le città di Algeri e Chandigarth. A latere, la seconda edizione della Biennale Architettura presenta proposte di restauro e riutilizzo di alcuni antichi complessi edilizi. |
GIOVAN BATTISTA FILIPPO BASILE | |||
Autore: | Salvo Lo Nardo | ||
Anno di Edizione: | 1995 | ||
Editore: | Franco Cosimo Panini | ||
Sin dall'inizio della sua attività di architetto i motivi ideologici che lo avevano indotto a impegnarsi attivamente nella lotta per l'unità nazionale si fusero con una religiosità romantica di tipo giobertiano, ispirata inoltre alla concezione del Ruskin di un messaggio architettonico tipicamente cristiano da reintegrare e rendere di nuovo attuale nei suoi valori mistico-sociali. Tale ideologia, d'altra parte, veniva a scontrarsi con l'educazione classicistica ricevuta, introducendo peraltro in questa una viva componente di libertà che si espresse felicemente in tutte le sue opere neoclassiche e segnatamente nel Teatro Massimo di Palermo (1864). Attraverso la sua solida cultura botanica trasmessagli da Vincenzo Tineo all’interno del Gymnasium dell’Orto Botanico di Palermo, che detterà assetti geometrici e decorativi delle sua architetture, Basile svolge le sue prime esperienze ispirate all'architettura siculo-normanna in chiave romantica (camposanti di Caltagirone e di Monreale, 1853); nel progetto di Museo per Atene (1859) l'ansia di rinnovamento culturale su cui si fondano le sue esperienze lo conduce a concepire una nuova tipologia funzionale basata su di un accrescimento indefinito dell'organismo. Nel 1864 partecipò al concorso per il Teatro Massimo di Palermo, per il quale ebbe il primo premio nel 1868; dovette interromperne la costruzione, iniziata nel 1875, per invidie locali e la riprese solo nel 1890. Per nuove beghe i lavori furono interrotti di nuovo: sarà il figlio Ernesto a completare l'opera, mantenendo, del progetto paterno, il libero linguaggio neoclassico, strumentalizzato nella definizione dei nuovi nessi distributivo-funzionali introdotti nell'edificio. Dopo aver partecipato con Ernesto al concorso per il monumento a Vittorio Emanuele II in Roma (1877), il Basile nel 1878 progettò la facciata del padiglione italiano alla Esposizione universale di Parigi e nel 1889 iniziò la costruzione della villa Favaloro (oggi Di Stefano) a Palermo, nella quale si esprimono con rinnovato linguaggio formale i suoi motivi ideologici. La villa Favaloro rappresenta il punto di arrivo del suo pensiero, nel superamento dello stilismo, sia pure raffinato, delle sue precedenti realizzazioni; i mezzi ancora tradizionali adottati, infatti, implicano tuttavia la visione di un nuovo ideale figurativo che esprime la profonda aderenza del Basile al mito romantico-nazionalistico della libertà. |
LA RESTITUZIONE DELLA MEMORIA - Dalla Cuba Soprana alla Villa di Napoli | |||
Autore: | AA. VV. | ||
Anno di Edizione: | 1997 | ||
Editore: | Regione Siciliana - Assessorato Beni Culturali e della Pubblica Istruzione | ||
Il volume racconta di una mostra a “cantiere aperto” sui lavori svolti sulla Villa Napoli e intende testimoniare la volontà di portare avanti un progetto di grande rilevanza culturale, reso possibile dopo l’acquisizione del complesso monumentale da parte dell’Amministrazione Regionale ai Beni Culturali. La Cuba Soprana o la Cubula rappresentano infatti testimonianze significative di quell’architettura civile che i re normanni vollero realizzare all’interno del grande “Paradiso della Terra”, un parco carico di valenze simboliche cosmopolite che ha rappresentato uno dei più interessanti esperimenti, a scala territoriale, di giardino botanico realizzato nel Medioevo europeo. Il recupero e la valorizzazione di un frammento di memoria del Genoardo, insieme al recupero della Cubula e dei resti della Cuba Soprana inglobati nella Villa Napoli, nell’arco di un breve periodo consentirà di inserire questo complesso monumentale nel circuito culturale del capoluogo siciliano, ed in particolare in quell’itinerario normanno che costituisce uno dei veicoli più significativi per il turismo regionale. La mostra a “cantiere aperto” rappresenta una tappa intermedia utile per raccontare i lavori, gli studi e le ricerche archeologiche condotti nel primo lotto di interventi che hanno consentito di mettere a fuoco interessanti analogie tra la Cuba Soprana, la Cubula e la grande Cuba, oggi possibili a seguito degli importanti ritrovamenti effettuati. Il prosieguo dei lavori già avviati con un secondo lotto di interventi, oltre ad approfondire le ricerche fin qui condotte, consentirà, attraverso una più completa campagna di scavi archeologici e saggi architettonici, di integrare le conoscenze già acquisite e di verificare le ipotesi compositive e strutturali che dal cantiere continuano ad emergere. |
MARIO FRANCESE - Una vita in cronaca - Monografia | |||
Autore: | Giovanna Fiume, Salvo Lo Nardo | ||
Anno di Edizione: | 2000 | ||
Editore: | Gelka | ||
Il nome di Mario Francese martire della legalità deve trovarci tutti uniti; esso è simbolo prezioso, un modello di generale riferimento. Nel volume si racconta Francese con molti dei suoi articoli. Nessuno come lui seppe, con singolare capacità profetica, disegnare coerenti scenari mafiosi, poi dimostratisi autentici a distanza di molti anni. Fu un visionario, nel senso più alto e positivo del termine. Vedeva le cose in anticipo, una dote straordinaria, probabilmente unica, pagata col prezzo della vita. Tuttavia Mario Francese non è morto, egli vive col suo esempio nel cuore di tutti, bandiera d’una categoria - quella dei giornalisti - in affannata crisi d’identità, divisa e lacerata al suo interno, più che mai pensosa del proprio avvenire, ma pur sempre capace di uno scatto d’orgoglio. Un modello di sicuro riferimento oggi e sempre, perché la maledizione dell’oblio non prevalga mai sulla memoria vissuta.
(Tratto dalla prefazione di Bent Parodi) |
ARTE E MEMORIA - La strada monumento Rocca Monreale e le sue fontane - Storia e restauro | ||
Autore: | Salvo Lo Nardo | |
Anno di Edizione: |
2000 | |
Editore: |
C'era una volta | |
La dequalificazione e il degrado della città, sopraffatta dall’espansione incontrollata del territorio e dall’abbandono del patrimonio monumentale, ha fatto emergere l’interessere della collettività per la riqualificazione del patrimonio artistico. Lungo questo percorso ha lavorato il comune di Monreale, avviando una serie di interventi per la valorizzazione dei monumenti. In questo quadro rientra il recupero delle fontane presenti lungo l’asse che collega Palermo a Monreale. I monumenti oltre a rivestire un loro valore intrinseco storico artistico, sono emblematici della cultura barocca del territorio. La Fontana del Drago, eseguita nel 1767 da Ignazio Marabitti, si configura come una scenografica/macchina teatrale tipica dell’età tardo barocca; simile, seppur in scala minore, la Fontana a Emiciclo voluta nel 1773 dall’arcivescovo di Monreale Francesco Testa. Una descrizione a parte merita la Fontana ad Edicola (1665) connotata da forme Seicentesche. Il restauro di questo insieme di monumenti, che anticipano l’ingresso a Monreale e in particolare al duomo di Guglielmo II, ha contribuito a vivacizzare l’ambiente culturale della cittadina Normanna. |
IL GYMNASIUM DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO - Storia e Recupero | |||
Autore: | Giovanna Fiume, Salvo Lo Nardo | ||
Anno di Edizione: | 2005 | ||
Editore: | Provincia di Palermo | ||
Nella storia dell’umanità culture diverse sono accomunate da un atteggiamento in cui i miti legano la natura alle divinità, conferendo al regno vegetale un aspetto mistico e magico; non a caso per secoli le piante hanno avuto uno scopo curativo dell’uomo, rivestendo anche un ruolo prodigioso di antidoto, di pharmaca, contro le malattie e contro lo stesso trascorrere del tempo. Lungo questo solco il giardino monastico medievale italiano (l’hortus simplicium), luogo nel quale si studiano gli aspetti curativi e officinali delle piante, si avvaleva della componente unicamente “farmacologica”, dove la cura e la crescita delle piante, la ricerca della loro essenza, era unicamente volta alla guarigione del corpo e dell’anima dell’uomo. L’arte medica di quel tempo fondava le sue radici negli insegnamenti della scuola medica salernitana di Matteo Silvatico, che affidava ai semplici il primato della cura del corpo umano. Il superamento di tale concezione e la nascita della nuova Botanica vista come scienza indipendente dalla Medicina, avviene attraverso gli studi di Carl Von Linnè, il quale, nel 1758, apre ad una nuova visione del mondo attraverso il suo Systema naturae, una pubblicazione scientifica che classifica secondo uno specifico ordine il regno animale e il regno vegetale. La teoria Linneana rappresenta una svolta assoluta nel campo della botanica e va a sommarsi, nel secolo dei lumi, alle più grandi scoperte scientifiche del tempo, accanto alle produzioni artistiche e alle grandi trasformazioni sociali. In particolare gli studi di Linneo appartengono a quel filone illuministico del Naturalismo che vede nella ragione lo strumento per conoscere e “governare” la natura. Dall’introduzione del Sistema di Linneo scaturisce la nuova scienza botanica, distinta dalla Medicina; e da questa l’idea di costruire nuovi e moderni luoghi della botanica, utili al progresso, luoghi di apprendimento, sperimentazione e diffusione della nuova disciplina. In Europa l’avvento delle teorie di Linneo provocano la trasformazione di tantissime strutture botaniche di antica tradizione (quella di Padova e tra queste), pur conservando comunque gli spazi, la struttura e gli impianti originari. In questo conteso il principe di Caramanico, viceré del Regno di Sicilia e illuminato massone, nel 1789 chiama il francese Lèon Dufourny per realizzare un nuovo e moderno Orto Botanico a Palermo. Il nuovo Orto Botanico si può considerare il primo in Europa inteso come autentica e nuova istituzione per l’apprendimento e l’insegnamento della botanica, segnando simbolicamente la fine di un antiquato sistema scientifico, legato al mondo della superstizione e delle arti magiche. |
ARCHITETTURA E LUCE | |||
Autore: | Salvo Lo Nardo | ||
Anno di Edizione: | 2008 | ||
Editore: | Gangemi | ||
Quello che più colpisce, osservando con attenzione le fotografie della mostra "Architettura e luce" di Giovanni Pepi, è il vedere come l'esperienza di un importante professionista della comunicazione come è il nostro, viene trasferita quasi magicamente nella sua arte, nelle sue opere. Spontaneità, ma al contempo continua ricerca con una tecnica e un risultato finale non comune che ci fa riflettere sulle sue creazioni inserite nelle sette sezioni tematiche che si susseguono nel percorso della mostra. L'opera fotografica di Giovanni Pepi che è frutto di un impegno e di uno studio del tutto particolare diventa unica e originale capace di produrre curiosità ed emozione. Pepi non possiede soltanto un occhio che pensa, Pepi ha un occhio capace di cogliere qualcosa che fa pensare. È arte che scatena il pensiero, che muove le sinapsi della mente e le accompagna, attraverso la propria indefinitezza, in una dimensione di cui non si percepiscono i contorni, ma di cui si colgono le diverse possibilità di intendimento. Una dimensione in cui ogni essenza può essere se stessa e la negazione di sé, nel contempo. |
CORTILE E PADIGLIONE CENTRALE. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI | |||
Autore: | Salvo Lo Nardo, Maria Fernanda Stagno D'Alcontres | ||
Anno di Edizione: | 2009 | ||
Editore: | Gangemi | ||
Il volume racconta l'idea guida del progetto di recupero del cortile est del complesso architettonico, un tempo Convento di San Silvestro in Capite. In particolare spiega il filo conduttore del restauro e degli elementi innovativi che consistono nella coesistenza creativa dei valori storico-monumentali con gli inserti contemporanei, attenti a non tradire i valori del passato. Sin dalle prime elaborazioni progettuali si è lavorato perseguendo l'obiettivo di realizzare moderni servizi per il personale della Presidenza del Consiglio senza alterare i valori della struttura architettonica. Un criterio di tutela dinamico che preserva la straordinaria storia di Roma. Una città che manifesta sempre più l'urgenza di saldare due fondamentali istanze: la tutela del patrimonio artistico e monumentale e la necessità di un radicale rinnovamento, soprattutto per gli aspetti relativi alla creazione di servizi di moderna concezione, alla tecnologia impiantistica e, non per ultimo, agli aspetti relativi alla mobilità urbana. |
COLORI D'ITALIA - Fotografie di Giovanni Pepi | ||
Autore: | Salvo Lo Nardo | |
Saggi di: | Giuseppe Tornatore, Salvo Lo Nardo, Tommaso Romano | |
Anno di Edizione: | 2009 | |
Editore: |
Gangemi | |
Per distrarsi dall'angoscia della cronaca di cui si occupa quotidianamente, Giovanni Pepi si rifugia, quando può, nell'antica passione per la fotografia. Sembrerebbe il protagonista di un giallo di Sciascia o di un romanzo di Buzzati. E c'è qualcosa di letterario nel personaggio di un giornalista che cerca l'antidoto all'ossessione del mondo reale proprio in quell'arte la cui eccellenza consiste esattamente nella riproduzione della realtà. Il fatto è che attraverso il piccolo mirino della sua prima macchinetta di celluloide il giovane Pepi si rende conto ben presto che un obiettivo, a dispetto del nome che porta, non è mai imparziale. La lente infedele della macchina fotografica conferisce al fotografo il potere d'ingabbiare il mondo attraverso inaspettate metamorfosi grazie alle quali si può riprodurre persino l'invisibile che la realtà nasconde costantemente ai nostri occhi.
(Dalla presentazione di Giuseppe Tornatore) |
CONSUMO DEL TERRITORIO, CRISI DEL PAESAGGIO E FINANZA LOCALE - Verso una nuova urbanistica | ||
Autore: | Salvo Lo Nardo, Arianna Vedaschi (a cura di) | |
Anno di Edizione: | 2011 | |
Editore: |
Gangemi | |
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un rapido incremento delle superfici edificate, che non ha solo comportato la progressiva saturazione del territorio italiano, ma ha altresí determinato un crescente degrado paesaggistico ed ambientale. In questo volume, caratterizzato dal taglio multidisciplinare, studiosi ed esperti di diversi saperi esaminano le tendenze dell'urbanizzazione in atto, contestualizzando nell'evoluzione del quadro normativo le tensioni e le correlazioni tra pressione edificatoria, rischi ambientali, esigenze finanziarie dei Comuni e strumenti urbanistici. L'analisi condotta mostra che è possibile muoversi verso una nuova urbanistica, perseguendo il contenimento del consumo di suolo, il recupero di un ruolo virtuoso degli Enti locali, nonché il coinvolgimento dei privati in un contesto segnato da una riconquistata capacità di governance da parte dei poteri pubblici. Tutti questi obiettivi sono realizzabili, a condizione che gli attori coinvolti in tale processo credano fino in fondo alla svolta culturale, centrata sulla riqualificazione e sul riuso tanto delle aree dismesse quanto di quelle urbane degradate, e realizzata grazie a politiche pubbliche coerenti correlate alla definizione di idonee forme di incentivazione della rigenerazione urbana. |
L'ABITARE E LO SCAMBIO - Limiti, confini, passaggi | ||
A cura di: | Giovanni Comboni, Marco Frusca, Andrea Tornago | |
Autore: | AA. VV. | |
Anno di Edizione: |
2013 | |
Editore: |
Mimesis | |
Questo nuovo volume, a cura dell’Associazione culturale “ODRADEK XXI” di Brescia, si pone come tentativo di ricapitolazione critico-ricostruttiva di esperienze teorico-pratiche di “risveglio”, una serie di tagli diagonali sul presente, ricomposizioni poliedriche su un medesimo oggetto, la polis che abitiamo e che ci abita, nel vortice di una crisi che travolge soggetti, istituzioni, politiche. Se tre anni fa l’accento era posto sull’agire politico-sociale, oggi lo sguardo tende a mettere a fuoco le costellazioni epistemologiche ed ontologiche di quell’agire. Se là, il gesto del seminatore era a metà strada tra il testimoniale e il pedagogico-civile, qui è quello del pulsare comunicativo delle coscienze intersoggettive, risvegliate, dello scambio di ragioni che spinge a rovesciare dialetticamente l’attuale ‘stato di eccezione’, quanto meno a-democratico, in un ethos trasformatore, all’insegna di un’idea di giustizia a venire che non cessa di interpellarci. La riflessione critica plurale vuole porsi come atto politico dell’abitare lo scambio, del multiforme sprigionarsi di energie che molti tendono a proclamare rumorosamente disperse o in fuga. In questa prospettiva vanno collocate le quattro parti-costellazioni del volume (I – Polisemia dell’abitare, II – Processualità formative, III – Variabili dell’agora, IV –Abitare le tensioni della città) quali problematizzazioni e inizio di risposte all’interrogativo che il gruppo di lavoro-ricerca di Odradek XXI – prima, durante e dopo il Convegno del 2011 – ha cercato di tenere desto, in un pensare collettivo persistente: quale contributo potrà aver dato alla polis il mio percorso di ricerca, soggettivo e intersoggettivo, con disciplinarità aperta e con approccio di circolarità abduttiva ‘esperire-astrarre-esperire-…’ – per una comunità sociale più giusta e per un mondo più abitabile? Il filo conduttore, di per se stesso ri-flessivo e prognostico, è dato dalla tensione criticoutopica (si veda la costellazione delle citazioni da Le città invisibili di Calvino che incastonano le singole parti del libro) tra prospettive teoriche variegate dei singoli contributi, sia per metodi che per punti di vista, e una comune consapevolezza embricata in una cittadinanza attiva, nello stesso tempo costituita e costituente. Tra i vari autori, all’interno del volume, un contributo di Salvo Lo Nardo tratta il tema dell’Urbanistica e dell’ambiente, tracciando possibili scenari per il futuro delle città italiane. |